WikiRebel



WikiRebel is Rebel, Wayward, Insurgent, Mutinous, Untamable


lunedì 26 dicembre 2011

Sostiene Franco "Bifo" Berardi

Dittatura della finanza, sfruttamento intensivo e spettro di una guerra infinita. Ma anche resistenza e rivolta - L'apocalisse non coincide con la fine del mondo, ma con la distruzione sistematica delle intelligenze, dei desideri di uomini e donne. È la negazione del futuro, cioè della possibilità di trasformare la realtà. Non è, tuttavia, un rischio da qui a venire. È già in atto. Ha fatto irruzione sulla scena mondiale con la guerra infinita di George W. Bush e da allora continua a manifestarsi con una virulenza che toglie ogni speranza. Ma proprio quando sembra che tutto è perduto, in Europa, nel mondo arabo, negli Stati Uniti hanno preso piede rivolte e tumulti che annunciano la possibilità di una insurrezione globale. È Franco Berardi Bifo che lo scrive ne La sollevazione (Manni editore, pp. 158, euro 10), volume che raccoglie testi scritti nell'arco di un decennio, anche se è inutile dirlo che gran parte sono dedicati alla crisi economica.
Una crisi, sostiene a ragione Bifo, che non è congiunturale, perché dal lontano 2001, prima timidamente, poi sempre più platealmente si è manifestata come crisi di sistema che ha, appunto le caratteristiche, di una apocalisse.
Non è la prima volta che l'autore segnalare la desertificazione e la violenza con cui tale apocalisse si manifesta. Invita tuttavia alla pazienza, al consolidamento di esperienze che consentono a mettere in forme stili di vita alternativi a quelli dominanti. Allo stesso tempo sostiene che occorre stare dentro le rivolte e le insorgenze, sapendo che possono assumere caratteristiche regressive, altrettanto violente di quella assunte dalla distruzione di relazioni sociali che il capitale finanziario sta operando. Stare dunque dentro la «sollevazione», ma con un atteggiamento pedagogico che sappia dissuadere uomini e donne a trasformare rivolte e tumulti in pogrom e in feroci pratiche sociali xenofobe e fasciste. Un invito, questo dell'autore, che ha tonalità poetiche, di, direbbe qualche lettore dell'opera di Hannah Arendt, di amore per il mondo. Non c'è infatti niente di nichilistico in questo parlare di apocalisse, bensì la convinzione che la trasformazione della crisi in guerra è una prospettiva niente affatto fantasiosa.
Ma se questa è l'intenzionalità politica di Bifo, la sua riflessione sulla genesi della crisi è un vero è proprio work in progress, che non ha paura delle smentite che la realtà può riservare. Il punto di partenza è il capitalismo contemporaneo e le sue caratteristiche. Centralità della conoscenza, del linguaggio, del sapere in quanto forze produttive. Riorganizzazione su scala planetaria della produzione di merci, che ha come la finanza come elemento di governo e di valorizzazione della produzione di segni, di codici linguistici.Per Bifo, tutto ciò ha avuto una sua esemplificazione e un suo laboratorio nel settore digitale, che è andato in crisi nel 2001, con il fallimento di molte imprese dot-com. Gli elementi che l'hanno determinata sta in quel surplus di produzione «semiotica» che ha incontrato un limite nella morfologia del cervello umano. In altri termini, deficit di attenzione, stress, l'incapacità di sincronizzare i tempi della macchina digitale con quelli del cervello umano hanno determinato la caduta verticale del consumo di informazione e di dati da parte di uomini e donne, mentre i produttori hanno conosciuto l'aumento dei ritmi di lavoro.
Da allora il capitalismo ha cercato con tutti i mezzi - dalla guerra alla limitazione della libertà di espressione, alla limitazione della mobilità - di riprendere il controllo su un meccanismo «impazzito». E allo stesso tempo, quasi in una spirale distruttiva, il dispositivo messo in opera per la produzione digitale veniva applicato a tutti i settori economici. Da qui le resistenze, le rivolte che hanno costellato questi ultimi dieci anni. Che come tutte le rivolte non sono riuscite, sostiene l'autore, a fermare la spirale distruttiva. Ed è su questo aspetto che molti dei testi si concentrano.
L'autore sottolinea così i limiti delle rivolte, ma anche le potenzialità inespresse, invitando a riprendere un bandolo della matassa che si credeva perduto, ogni volta che la rivolta o il tumulto svaniva tanto repentinamente quanto inatteso si era manifestato. Perché, come scrive Bifo, per fermare l'apocalisse non c'è altra strada che continuare a insorgere.